20,7 gradi in Antartide, una disperata richiesta di aiuto lanciata dal pianeta

Il surreale picco di temperatura è solo l’ultimo dei molti indici di allarme che ci sono giunti dai ghiacci negli ultimi anni. Ecco perché non possiamo ignorarli

In Antartide non aveva mai fatto così caldo. Nelle scorse ore si sono registrati infatti 20,7 gradi centigradi, un valore che stupisce non solo perché molto alto, ma anche perché arriva solo una settimana dopo l’altra temperatura record di 18,3 gradi centigradi registrata nel continente. Segno che non può trattarsi di un caso, quanto di un trend ben definito.

Mentre le temperature schizzavano verso l’alto, un iceberg di 300 chilometri quadrati, più o meno le dimensioni dell’isola di Malta, si staccava dal ghiacciaio Pine Island. “Quello che è davvero preoccupante è che il flusso quotidiano di dati rivela la drammatica velocità con cui il clima sta cambiando il volto dell’Antartide” ha sottolineato Mark Drinkwateresperto di criosfera dell’Agenzia spaziale europea. Un’altra ricerca uscita in questi giorni ha evidenziato che a causa dell’innalzamento delle temperatura, le colonie di pinguini pigoscelidi antartici hanno subito un crollo fino al 77% rispetto a 50 anni fa.

Ma che in queste settimane ci sia qualcosa di climaticamente strano, lo capiamo anche da casa nostra, senza dover andare in capo al mondo. L’inverno che stiamo vivendo nel Mediterraneo è il più caldo da decenni, con temperatura che sono in media superiori di tre gradi rispetto a quelli che dovrebbero essere i valori del periodo. In Piemonte a inizio mese la colonnina di mercurio ha fatto segnare addirittura 27 gradi, trasformando quella che doveva essere una gelida giornata di inizio febbraio in un soleggiato pomeriggio di giugno.

I campanelli di allarme sull’emergenza cliamatica ormai si sprecano e giorno dopo giorno bisogna aggiornare il file degli eventi estremi. Eppure, per quanto la coscienza ambientale sia cresciuta notevolmente negli ultimi anni, tra il boom dei partiti verdi, i discorsi in Europa e oltreoceano sul Green new deal e l’affermazione dei movimenti giovanili dei Fridays for Future, la tragedia climatica in corso continua ad avere un ruolo marginale nel dibattito politico e pubblico. Il problema è sempre lo stesso: nella maggior parte dei casi l’emergenza non riguarda direttamente il presente, ma il futuro. E per questo si tende a sottostimare il problema e a rinviare la messa in pratica di politiche e azioni sì costose, ma necessarie.

Eppure la lotta al climate change non è un mero discorso ideologico, perché i cambiamenti in corso si faranno sentire sulle nostre vite, rovinandole. La Coldiretti ha denunciato lo stato di emergenza in cui sta piombando l’agricoltura italiana, tra la forte siccità in corso e gli sbalzi anomali di temperatura che stanno distruggendo molti raccolti. Non si potrà andare avanti così ancora a lungo, uno dei fiori all’occhiello dell’economia italiana, l’agricoltura appunto, sta finendo la benzina. Ma al di là di questo, la storia ci insegna che durante il periodo detto ultimo interglaciale, un aumento di temperatura degli oceani inferiori ai due gradi portò allo scioglimento massivo della calotta glaciale antartica e a un conseguente innalzamento dei mari di tre metri.

Oggi stiamo vivendo le prime avvisaglie di questi fenomeni e le conseguenze per i territori costieri sarebbero tragiche, con interi territori e città che scomparirebbero sott’acqua. Flood Maps è un progetto che combina i dati della Nasa con la cartografia di Google Maps e mostra l’impatto di un innalzamento dei mari di 3 metri sul tessuto urbano globale. Città come VeneziaRavenna e Pisa scomparirebbero sott’acqua.

Ma il cambiamento climatico ha un effetto violento anche a livello sociale. Esso impatta maggiormente laddove le disuguaglianze sociali sono più persistenti, ampliandole. Come ha sottolineato il World Social Report 2020, il rapporto tra i redditi del 10% più ricco e del 10% più povero è più alto del 25% rispetto a quanto sarebbe in un mondo senza il riscaldamento globale. E poi c’è il tema connesso alla sicurezza: Nature ha evidenziato un aumento dei conflitti armati fino al 26% se la temperatura globale continuerà a salire. E d’altronde anche alla guerra in Siria, con tutta la striscia di devastazioni che si porta dietro, hanno contribuito questioni climatiche, in particolare la violenta siccità del 2007-2010.

Quello che ci aspetta è insomma uno scenario apocalittico, fatto di città che scompaiono, povertà dilagante, economie che collassano e guerre. Eppure il dibattito mainstream continua nel migliore dei casi a dedicare poco spazio al tema climatico, nel peggiore a lanciarsi in teorie negazioniste che non fanno altro che peggiorare una situazione già critica. I ghiacciai che si sciolgono, le ondate di caldo anomale, gli animali che si estinguono, sono continui gridi di allarme del pianeta che non possono più essere ignorati.

Fonte: Wired.it

Chi c’è davvero dietro Greta Thunberg?

È un’attrice. Anzi no, è pagata dall’immancabile George Soros. E se invecefosse un progetto a tavolino di genitori scaltri e senza scrupoli? Su Greta Thunberg, attivista svedese di soli 16 anni, si è già scatenato il peggio del complottismo mondiale: proviamo allora a fare uno sforzo e metterci dalla prospettiva di chi crede ai grandi intrighi di cui la ragazza sarebbe vittima. Chi – o cosa – c’è davvero dietro Greta? La risposta in cifre difficilmente contestabili.

99%

Dietro Greta Thunberg c’è qualcosa di sorprendente: una comunità scientifica di esperti in diverse discipline che, dati alla mano e con un consenso interno superiore al 99%, non ha più dubbi sul fatto che la Terra si sta surriscaldando a causa delle attività umane. Sul fronte opposto, l’ormai sparuta minoranza di negazionisti sembra composta al 99% da scienziati che non si sono mai occupati di clima. E così, a differenza di altri temi controversi come la produzione di energia nucleare o alcune applicazioni delle biotecnologie, l’attività trentennale del gruppo intergovernativo di esperti sul clima delle Nazioni Unite (Ipcc) può certificare la visione unitaria degli scienziati, concordi sull’urgenza di adottare misure drastiche contro la crisi climatica. Ormai sappiamo già tutto quel che c’è da sapere per indirizzare le decisioni politiche. Dietro il grido di allarme di Thunberg ci sono dunque ragioni scientifiche solide come non mai.

0,2°C

Sebbene sia sfuggito a molti, negli stessi giorni in cui fior di opinionisti, per lo più maschi e canuti, inscenavano un imbarazzante dibattito sulla figura di Greta Thunberg, un rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale certificava che nei cinque anni fra il 2011 e il 2015 la temperatura media globale è aumentata di ben 0,2°C. Un’enormità. Per confronto, basti pensare che nel secolo e mezzo fra il 1850 e il 2011 l’aumento era stato di 0,9°C. Ciò significa che il riscaldamento del pianeta sta paurosamente accelerando sotto i nostri occhi. Mentre il pianeta frigge, più che perdere tempo a chiederci cosa si nasconda dietro Greta Thunberg, forse dovremmo domandarci a chi giova tutta questa dietrologia che ci porta a guardare il dito e a non vedere la Luna.

3°C

Al summit sul clima delle Nazioni Unite che si è svolto il 23 settembre a New York si sono fatte solo chiacchiere. Con poche eccezioni, le nazioni presenti si sono limitate a ribadire gli impegni già assunti per ridurre le emissioni, che tuttavia non sono sufficienti a rispettare l’accordo di Parigi. Persino se tutte le promesse fatte finora venissero mantenute – e al momento sono ben lontane dall’esserlo – la temperatura media globale aumenterebbe di oltre 3°C: una catastrofe. Dietro l’indignazione di Greta Thunberg per l’inerzia dei governi nell’affrontare la crisi climatica non c’è altro che la vergognosa inerzia dei governi nell’affrontare la crisi climatica. E il nostro esecutivo non sembra fare eccezione, tanto che il Green New Deal tricolore sbandierato all’Onu dal premier Conte è già sparito dai radar del dibattito nostrano.

6 milioni

Di certo dietro Greta Thunberg ci sono oltre 6 milioni di persone che hanno animato gli scioperi per il clima della scorsa settimana. In Nuova Zelanda è addirittura sceso in piazza il 3,5% della popolazione: la soglia di attivazione che si considera sufficiente per rovesciare un regime. Ma il movimento per il clima era già diventato un fenomeno globale nel 2015, quando Greta aveva solo 12 anni e la sua protesta davanti al parlamento svedese era ancora di là da venire. E non potrà che continuare a montare nei prossimi anni, man mano che gli impatti dei cambiamenti climatici si faranno più tangibili. Allora forse non sarà più Greta Thunberg il volto del movimento, ma dietro di lei c’è ormai una generazione di ragazzi e ragazze che non smetteranno di pretendere di avere un futuro. Come potrebbero? Mentre agli adulti non restano che due possibilità: accodarsi a questo salvifico movimento spontaneo o passare alla storia come la generazione che ha scelto di mandare in malora la biosfera quando ancora si poteva evitare il peggio.

Fonte Wired.it