Qualità dell’aria interna e inquinamento indoor: fonti e soluzioni per il comfort

L’aria che respiriamo in casa, al lavoro e sui mezzi pubblici, può compromettere il nostro benessere: spesso più all’interno che all’esterno si concentrano agenti inquinanti chimici, biologici e fisici pericolosi per l’uomo. È importante, quindi, essere consapevoli e attenti, ricorrendo alle giuste soluzioni per migliorare la qualità dell’aria interna.

Con aria interna si fa riferimento a quella che respiriamo in casa, in ufficio, negli edifici destinati al tempo libero, ovvero in tutti quegli spazi confinati in cui è prevista la permanenza delle persone. Passiamo più tempo al chiuso che all’aperto, eppure, dedichiamo grande attenzione all’inquinamento atmosferico, ma non abbiamo la giusta sensibilità al tema dell’inquinamento indoor, che talvolta presenta livelli di inquinanti maggiori rispetto all’esterno.

L’insalubrità dell’aria in uno spazio chiuso, che può essere causata da vernici, arredamento, muffe, elevati livelli di umidità, ha effetti negativi sulla salute delle persone, sul loro benessere e sulla loro produttività; può provocare malattie a carico dell’apparato respiratorio e cardiovascolare, favorire asma, allergie e malessere, una combinazione di sintomi spesso chiamata “sindrome da edificio malato” (Sick Building Syndrome). La pericolosità di questa miscela di sostanze inquinanti in un ambiente confinato, dipende dalla durata prolungata e costante dell’esposizione.

Le fonti dell’inquinamento indoor e gli effetti sulle persone

La qualità dell’aria può essere compromessa da diverse fonti inquinanti, sia interne che esterne, responsabili di agenti chimici, fisici e biologici di differente pericolosità, concentrazione e tipologia.

Cosa s’intende nello specifico con il termine inquinamento indoor? Il Ministero della Salute ha fornito una spiegazione esaustiva di questo fenomeno: “la modificazione della normale composizione o stato fisico dell’aria atmosferica interna, dovuta alla presenza nella stessa di una o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell’aria stessa e tali da costituire un pericolo ovvero un pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell’uomo.”

Tra le fonti inquinanti più diffuse ci sono i prodotti per le pulizie, per la costruzione e la manutenzione degli edifici, la presenza di eccessiva umidità, gli impianti di condizionamento e ventilazione, i processi di combustione per il riscaldamento e per cucinare, l’utilizzo di appositi macchinari e alcune caratteristiche fisiche del luogo.

MULTIPOR COMPACT di YTONG è stato progettato per migliorare l’isolamento e ridurre il problema delle muffe. Si tratta di un pannello naturale, traspirabile e la sua capacità di regolazione igroscopica permette di eliminare la formazione di muffe o alghe, potenzialmente dannose per la salute.

Gli agenti chimici più diffusi e pericolosi sono il monossido di carbonio, il fumo di tabacco, ossidi di zolfo e azoto, ozono (emesso ad esempio dalle fotocopiatrici), i composti organici volatili, gli antiparassitari. Attenzione, quindi, ai materiali edili, alle vernici, agli arredi, alle stufe e ai caminetti e ai detergenti che si scelgono per pulire la casa.

Gli agenti biologici sono microrganismi, viventi e non, presenti in casa, come muffe, batteri, spore fungine, polline e parassiti vari.

Gli acari sono responsabili di allergie respiratorie: questi animali si annidano nelle nostre case, specialmente sulle poltrone e tappeti. Per sconfiggerli efficacemente vi consigliamo di rimuovere la polvere dalle superfici, lavare la biancheria a 60° e soprattutto arieggiare gli ambienti in quanto gli acari proliferano in aree umide.

Le muffe sono uno dei problemi più fastidiosi: la loro proliferazione è dovuta all’umidità e scarsa ventilazione. Al fine di combattere la presenza di muffe vi consigliamo di mantenere sotto controllo il livello di umidità della casa, assicurandovi di eliminare prontamente le macchie usando tinture speciali.

Per gli agenti fisici, come il Radon, va prestata particolare attenzione alla costruzione degli ambienti interrati o sotterranei, che deve essere effettuata con particolari attenzioni costruttive.

La concentrazione di tutte queste sostanze diventa preoccupante perché oggi, per favorire il risparmio energetico, gli edifici sono più isolati e impermeabili all’aria, riducendo così la ventilazione degli stessi. Per sopperire a questo problema si installa un sistema di ventilazione meccanico che, correttamente utilizzato e manutenuto, permette di avere il corretto numero di ricambi d’aria.

WHR 61 “single room” di RDZ è un dispositivo per la ventilazione meccanica controllata con recupero di calore, che aiuta il rinnovo dell’aria. 

Soluzioni per migliorare la qualità dell’aria interna di casa o dell’ufficio

In un edificio davvero sostenibile, la qualità dell’aria interna dovrebbe essere un criterio progettuale e per questo è fondamentale scegliere attentamente i materiali con cui costruire o ristrutturare un edificio.

materiali naturali, ad esempio, vengono prodotti e trattati senza ricorre a sostanze chimiche potenzialmente nocive. Per certificare la naturalezza dei prodotti commercializzati o le loro prestazioni, oggi molto aziende li sottopongono ad appositi iter per ottenere delle certificazioni che ne attestino la qualità.

I prodotti URSA TERRA in lana minerale, così come URSA GLASSWOOL in lana di vetro, si contraddistinguono per una ridottissima emissività di COV e formaldeide. Questo li rende prodotti adatti a favorire il risparmio energetico, senza rinunciare alla qualità dell’aria interna: sono soluzioni indicate per edifici sostenibili e votati al massimo benessere abitativo

Anche con le vernici e le finiture è bene fare attenzione, esistono prodotti naturali e anche antibatterici. Altrettanto importante è progettare correttamente un sistema di ventilazione che permetta il corretto ricambio d’aria. Gli impianti di ventilazione meccanica sono dotati di filtri, purificatori e deumidificatori, al fine di garantire l’estrazione dell’aria viziata, l’immissione di aria purificata e la regolazione del tasso di umidità degli ambienti interni. Esistono, poi, soluzioni per la purificazione dell’aria, con prestazioni differenti adatte sia a un ambiente domestico, che a luoghi come case di riposo, scuole o ambienti affollati. Si va dai purificatori portatili per la casa a dispositivi per la filtrazione dell’aria attraverso sistemi di canalizzazione.

ARYA indoor è una soluzione Fassa Bortolo pensata per la lotta all’inquinamento indoor, che si compone di una lastra in cartongesso Gypsotech GypsoARYA HD e dalla pittura per interni Pothos 003. Questi prodotti riescono a catturare la formaldeide e trasformarla in un composto innocuo.

E se fossero le piante a ridurre l’inquinamento indoor?

La presenza del verde in uno spazio confinato offre sicuramente un aiuto naturale per la purificazione dell’aria. Partendo da questo punto, la ricerca si è mossa per ottenere delle vere e proprie piante “mangia smog”, ovvero in grado di assorbire e metabolizzare alcuni inquinanti pericolosi per l’uomo. È un progetto portato avanti dall’Università di Washington, i cui ricercatori hanno modificato geneticamente una pianta, che ora è capace di scomporre le sostanze inquinanti in composti da lei assimilabili. I primi test hanno avuto successo e così i ricercatori si stanno muovendo per ottenere piante in grado di digerire anche altre sostanze inquinanti molto diffuse negli ambienti interni, come la formaldeide e il fumo di tabacco.

Occorre prestare attenzione anche ai detergenti per la pulizia della casa, spesso ricchi di sostanze nocive come il benzene e la formaldeide. In particolare quest’ultimo elemento chimico è riscontrabile anche nelle tappezzerie, moquette e altri prodotti tessili.

Come combattere l’inquinamento indoor: consigli pratici

Per combattere l’inquinamento indoor è possibile attuare alcune pratiche strategie così da rendere l’aria di casa più salubre per tutta la famiglia. Prima di tutto controllate sempre il livello di umidità in casa, cercando di mantenerla tra i 18° e i 22°: l’umidità è la causa primaria della formazione di muffe e batteri i quali comportano allergie e problemi respiratori. Una corretta ventilazione degli ambienti vi consentirà di diminuire la presenza di polveri e microrganismi: lasciate sempre areare la casa facendo uscire le sostanze inquinanti.

Gli impianti di condizionamento devono essere opportunamente puliti e i filtri dell’aria condizionata cambiati ogni inizio stagione: in questo modo manterrete gli impianti perfettamente funzionanti e non farete propagare polveri e batteri.

prodotti con certificazione ambientale sono una buona risorsa per prevenire il diffondersi dei VOC: potete optare per detersivi ecologici oppure per rimedi naturali laddove non è necessario utilizzare prodotti specifici.

A cura di: Arch. Gaia Mussi

Fonte: Info Build Energia

 

Mala aria di città 2020

“Secondo l’Agenzia Ambientale Europea (EEA) l’inquinamento atmosferico continua ad avere impatti significativi sulla salute della popolazione europea, in particolar modo per i cittadini delle aree urbane.

Gli inquinanti sotto osservazione, in termini di rischio per la salute umana, sono le polveri sottili (Pm), il biossido di azoto (NO2) e l’ozono troposferico (O3).”

qui di seguito troverete il link con l’intero dossier promosso da Legambiente.

https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2020/01/Malaria-di-citta-2020.pdf

Fonte Legambiente

Come si fa a ridurre davvero l’inquinamento nelle città?

L’inquinamento è in aumento nel nostro paese, e le leggi e le misure che dovrebbero tutelare la qualità dell’aria non hanno ancora dato i loro frutti. Se le targhe alterne non bastano, ecco cosa potrebbe funzionare davvero.

Gli abitanti delle città sono esposti a livelli eccessivi di inquinamento atmosferico, con conseguenze negative sulla loro salute e sull’intera economia, secondo il rapporto Qualità dell’aria in Europa” dell’Agenzia europea per l’ambiente. L’ultima analisi mostra che l’esposizione all’inquinamento atmosferico ha causato oltre 370.000 decessi prematuri nell’Ue nel 2016. Nel 2017, l’inquinamento atmosferico ha superato i valori massimi delle linee guida sulla qualità dell’aria stabilite dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nel 69 percento delle stazioni di monitoraggio in Europa. Rispetto ai valori limite dell’Ue, le concentrazioni di inquinanti atmosferici erano troppo elevate in sette paesi – fra cui l’Italia.

Ecco cosa potrebbe aiutare davvero a invertire la rotta.

Di cosa parliamo quando parliamo di inquinamento

Il primo passo per affrontare l’inquinamento atmosferico è comprenderlo appieno o, diciamo, rendere visibile  l’invisibile” dice a Wired Harold Rickenbacker, esperto di aria pulita e innovazione presso l’Environmental Defense Fund (Edf), dice.

La maggior parte delle città ha sistemi di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico convenzionali, con sensori distanti miglia l’uno dall’altro, il che lascia grandi lacune nei dati. Ad esempio, l’inquinamento atmosferico può essere fino a 8 volte peggiore a un’estremità di un isolato rispetto a un altro”, continua Rickenbacker. “Ma grazie ai nuovi progressi tecnologici, i sensori possono fornire informazioni incredibilmente dettagliate su strutture, strade o quartieri specifici e su come la qualità dell’aria può cambiare in tali luoghi nel corso di una giornata, di una settimana o di un anno. Stiamo vedendo città di tutto il mondo – tra cui Londra, Oakland e Houston – utilizzare queste informazioni quartiere per quartiere in modo da promuovere soluzioni locali su misura che proteggano la nostra salute e il nostro ambiente”.

Gli inquinanti atmosferici principali includono il particolato, seguito da carbonio, ossidi di zolfo, ossidi di azoto, ammoniaca, monossido di carbonio e metano. Uno degli indicatori utilizzati dall’Agenzia europea per l’ambiente misura la concentrazione del particolato nelle aree urbane. L’agenzia considera i particolati grossi (Pm10 o <10µm) che possono essere trasportati in profondità nei polmoni, dove possono causare infiammazione o esacerbare le condizioni delle persone che soffrono di cuore e malattie respiratorie. Tra questi, la sottocategoria dei particolati fini (Pm2.5 o <2.5 µm) sono quelli i cui effetti dannosi sulla salute sono ancora più gravi in quanto possono essere aspirati più profondamente nei polmoni e possono essere più tossici.

Secondo lo studio Countdown on Health and Climate Change uscito recentemente su The Lancet, in Italia nel 2016 sono stati registrati 45.600 morti premature da esposizione al particolato.

Da noi il Pm2.5 è infatti passato da una media di 19.3 a 19.4 negli ultimi anni, e sempre più regioni registrano livelli di inquinamento troppo alti. La mappa del sito Monitoraggio dell’indice di qualità dell’aria, che riporta i valori di qualità dell’aria pubblicati e validati dalle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (Arpa), mostra livelli pessimi in zone cittadine come quelle di Milano, Torino, Genova, Perugia, Spoleto, Rieti, Roma.

L’allegato XI al decreto legislativo n. 155 del 2010 ha in teoria fissato il limite giornaliero del Pm10: non sono concessi più di 50 millesimi di grammo al metro cubo, da non superare più di 35 volte per anno. Di conseguenza, regioni e comuni italiani hanno applicato misure come le targhe alterne per contrastare l’inquinamento o almeno abbassare la media. Eppure questi provvedimenti non sono stati finora sufficienti a risolvere il problema.

Piste ciclabili e trasporti pubblici più efficienti

La promozione di modelli di mobilità alternativi può ridurre di molto gli effetti dannosi dell’inquinamento atmosferico. Molte città stanno lavorando per fare meno affidamento sulle auto come mezzo di trasporto, rendere le loro città accessibili per le biciclette introducendo nuove piste ciclabili e investire in più mezzi pubblici.

Fra le 20 città più bike-friendly selezionate da Wired Usa, non c’è tuttavia nessuna città italiana. In cima alla classifica troviamo Copenaghen, Amsterdam e Utrecht. La capitale danese ha investito più di $45 pro capite in infrastrutture per i ciclisti e dispone di quattro nuovi ponti per biciclette costruiti o in costruzione, nonché oltre 6 chilometri di nuove piste.

Ma, per alcune città come Los Angeles (la seconda città più grande per popolazione degli Stati Uniti), l’espansione urbana rappresenta un vero ostacolo allo sviluppo di una metropoli adatta alle biciclette. Tuttavia, grazie al suo vasto sistema di trasporto pubblico, l’area losangelena ha evitato una cultura completamente basata sull’automobile: ci sono più di 500 linee di autobus, e i pendolari hanno a disposizione un mezzo pubblico ogni 6 minuti in media. Un esempio da seguire.

Veicoli privati meno inquinanti, strade migliori e car sharing

Le auto sono responsabili di circa il 12% delle emissioni totali di CO2 in Europa. Dal 2009 la legislazione dell’Ue stabilisce obiettivi obbligatori di riduzione delle emissioni per le nuove auto e standard più rigorosi, gradualmente introdotti già quest’anno, si applicheranno dal 2021 in poi. Il nuovo regolamento, adottato Il 17 aprile 2019 dal Parlamento europeo e dal Consiglio, è in vigore dal 1° gennaio. Per incoraggiare l’eco-innovazione, ai produttori possono essere concessi crediti di emissione.

Rickenbacker spiega: “Ciò che riteniamo sia più efficace sono politiche e normative più intelligenti. Le città di tutto il mondo stanno generando una ‘corsa verso l’alto’ nella lotta all’inquinamento atmosferico, chiedendo che le aree urbane più grandi del mondo agiscano subito. Man mano che più città iniziano a imporre politiche, come la nascita di aree locali a bassa emissione, le aziende saranno costrette a conformarsi e investire in soluzioni. Alla fine, è la leadership politica che dovrà portare a casa i risultati di cui abbiamo bisogno per risolvere il problema dell’inquinamento atmosferico mondiale, e i cambiamenti climatici in senso più ampio”.

In Europa, Parigi, Madrid e Atene hanno deciso di vietare completamente le auto diesel entro il 2025, mentre la Norvegia ha abbracciato pienamente le auto elettriche. Un altro caso interessante è quello delle auto a Durban, in Sudafrica. Oltre alla tecnologia, gli interventi di miglioramento della strada hanno ridotto il tempo di viaggio e aumentato l’efficienza del trasporto di merci su strada riducendo le emissioni.

Infine, la sharing economy offre la possibilità di ridurre il numero di veicoli, così come gli incidenti e il traffico. L’auto media rimane inutilizzata per oltre il 90% delle volte, trasporta in media solo una persona e mezza e costa in media €6.500 all’anno, secondo la Federazione europea per trasporti e ambiente.

La transizione non sarà indolore o facile, poiché le auto condivise e di proprietà privata inizialmente competono per lo spazio e un migliore utilizzo, producendo benefici positivi ma modesti” scrive la Federazione. “Tuttavia, il premio finale, per rivendicare le nostre strade dal dominio dell’auto, trasformerebbe la qualità della vita urbana”.

Contro i timori che le app per il car sharing non servano a granché o facciano peggio, la Federazione aggiunge: “Le app per la condivisione di corse incoraggiano anche un cambiamento comportamentale verso un trasporto multimodale e sostenibile che integra le forme di trasporto pubbliche e attive (in bicicletta e a piedi). Inoltre, mentre i servizi di car sharing a lunga distanza effettivamente competono con i servizi ferroviari e di autobus, aumentano in modo significativo l’occupazione delle auto e riducono le emissioni per chilometro”.

Consegne a domicilio più ecologiche

La logistica ha un impatto devastante sulla qualità dell’aria. “Un’altra soluzione è rendere i trasporti più ecologici, in particolare per la consegna”, Rickenbacker aggiunge. “L’inquinamento atmosferico è una conseguenza non voluta dell’aumento dello shopping online, ma i veicoli a emissioni zero sono una parte importante della soluzione”.  Perché? È semplice: “La maggior parte delle consegne avviene tramite camion a diesel che pompano inquinanti atmosferici pericolosi nell’aria che respiriamo e il pubblico se ne accorge. Mentre sono necessarie ulteriori azioni, stiamo assistendo ad alcuni movimenti incoraggianti in termini di cambiamenti reali e alcune aziende stanno effettivamente investendo in soluzioni. Etsy ha annunciato la spedizione a emissioni zero e Amazon ha annunciato che avrebbe aggiunto 100mila veicoli elettrici per la consegna”.

Più verde

Le piante migliorano la qualità dell’aria attraverso diversi meccanismi: assorbono l’anidride carbonica e rilasciano ossigeno con la fotosintesi, aumentano l’umidità traspirando il vapore acqueo attraverso i microscopici pori delle foglie, filtrano i particolati dall’aria e aiutano a raffreddare le città soggette al cosiddetto effetto isola di calore urbana.

Per questo, ci sono strutture come il Bosco Verticale a Milano e ci sono i parchi: in tutto capaci di assorbire quasi il 40% delle emissioni da combustibili fossili ogni anno.

La dottoressa Rita Baraldi dell’Istituto di biometeorologia a Bologna, sta studiando l’efficacia di alberi e arbusti sulla CO2 e il particolato. E ha identificato alcuni alberi più adatti di altri, fra cui: l’hackberry mediterraneo, l’olmo di campo, il frassino maggiore, il tiglio, l’acero norvegese, il cerro e il ginkgo.

Piantare alberi da solo non può bastare, però, anzi. Uno studio tedesco ha dimostrato che le emissioni dei veicoli possono reagire con le emissioni da alberi urbani e altre piante, con conseguente riduzione della qualità dell’aria nelle città in estate. Resta dunque fondamentale ridurre le emissioni provenienti da altri inquinanti.

Edifici innovativi (o anche semplicemente ristrutturati)

Nel 2016 l’artista e innovatore olandese Daan Roosegaarde ha costruito a Pechino il prototipo della prima Smog-free Tower in alluminio alta sette metri: come un aspirapolvere, capace di raccogliere il 75% del particolato nell’atmosfera e così pulire 30mila metri cubi d’aria all’ora. Più recentemente, lo Smog Eating Billboard presentato in Messico ha la capacità di produrre energia pulita per 104mila persone al giorno, e altri sono in corso di realizzazione.

In Europa gli edifici rappresentano il 40% della domanda energetica, producono il 36% delle emissioni di CO2 e 9 su 10 attualmente esistenti saranno ancora in uso nel 2050. Perciò ristrutturare in maniera efficiente è fondamentale.

Lo stato degli edifici dell’Ue ha il potenziale per creare o distruggere qualsiasi obiettivo di energia, emissioni e ambiente fissato nei prossimi mesi”, scrive il direttore della campagna Renovate Europe Adrian Joyce. Renovate Europe ha infatti l’ambizione di ridurre dell’80% la domanda di energia del patrimonio edilizio dell’Unione Europea entro il 2050.

Edifici vecchi, freddi e umidi hanno un impatto diretto sull’aria che respiriamo sia quando siamo all’interno, sia all’esterno. Abitazioni di qualità inferiore richiedono un elevato consumo di energia per raggiungere il comfort termico: chi non può permettersi di sostenerne i costi viene spinto verso la povertà energetica e rischia di ammalarsi più facilmente.

D’altronde, secondo Joyce, luoghi di lavoro più salutari potrebbero salvare una cifra stimata in 500 miliardi di euro all’anno in Europa. E, secondo uno studio dell’Energy Efficiency Industrial Forum, ogni milione di euro investito nell’efficienza energetica nel settore residenziale porta alla creazione di 23 posti di lavoro.

Non a caso, anche il Green Deal europeo che sta prendendo forma in queste settimane incoraggia un uso più efficiente degli edifici, con l’obiettivo di almeno raddoppiare il tasso di ristrutturazione (appena all’1% attualmente).

L’educazione ambientale

Come ha più che mai messo in luce il movimento Fridays For Future, la formazione di giovani responsabili e sensibili alle questioni ambientali è fondamentale. Del resto, i bambini sono spesso a rischio proprio per via dell’inquinamento atmosferico, anche la loro performance scolastica peggiora dove la qualità dell’aria è più bassa e il fenomeno è ulteriormente aggravato in condizioni di povertà.

Secondo Navdha Malhotra, direttrice associata dell’agenzia Purpose Climate Lab, moltissimo può essere fatto dagli studenti più giovani o insieme a loro.

Vent’anni fa, quando gli studenti di Delhi hanno preso posizione contro i petardi in fiamme, il loro movimento inizialmente ha incontrato scetticismo, ma presto è diventato un successo senza precedenti”, scrive Malhorta. “Il movimento dura ancora oggi, mettendo in mostra il potere di voci giovani, mentre nuovi studenti si uniscono alla causa ogni anno. In quanto ex studentessa che ha partecipato ai primi anni del divieto dei petardi, sono una testimone del potenziale degli studenti per il cambiamento”. Si può fare molto, anche nelle scuole: “My Right To Breathe si è unito per dare potere agli studenti degli istituti pubblici e privati nella lotta all’inquinamento atmosferico e sono orgogliosa di sostenere questa campagna”.

Continua la direttrice: “Il cambiamento dovrebbe includere le azioni intraprese dalle scuole, nonché da insegnanti e amministratori (…) Fornire agli studenti gli strumenti per parlare con le loro famiglie e le loro comunità, per andare oltre le mascherine o i filtri per l’aria, è un passo potente che solo le scuole possono fare. Immagina un’intera generazione che prende i mezzi pubblici e il carpool, separa e riduce i rifiuti, usa energia solare in casa come fosse una cosa naturale anziché una lotta. Una generazione che vive una vita lunga e sana e non avrà mai più bisogno di comprare una mascherina per un bambino”.

Una tecnologia migliore

Alcune buone idee possono venire anche dalla Solar Impulse Foundation, che prende il nome dall’aereo usato nel 2016 per il viaggio intorno al mondo su un aereo a energia solare da Bertrand Piccard e André Borschberg. Nel tentativo di dimostrare che l’ecologia può anche generare profitti, Piccard ambisce a trovare 1.000 “soluzioni efficienti” entro i prossimi due anni. Giudicati ed etichettati da esperti indipendenti, ci sono 287 prodotti o servizi finora definiti come tali.

Nel campo dell’inquinamento atmosferico, ci sono moto elettriche, uno shuttle a energia solare e saponi vegetali. Ma anche un sistema di purificazione dell’aria a livello del suolo sviluppato in Italia, Air Pollution Abatement (Apa), che controlla la qualità dell’aria in siti industriali, luoghi di lavoro, spazi urbani, aree commerciali e residenziali. Apa funziona come piattaforma multiservizio intelligente che integra un sistema di monitoraggio dei sensori ambientali intelligenti, Wifi, IoT, soluzioni Ai e fornisce dati in tempo reale basati su cloud.

Fonte Wired

L’aumento delle emissioni di anidride carbonica sta rallentando?

Sebbene quest’anno il tasso di crescita sia più lento rispetto agli anni passati, le emissioni di anidride carbonica dovranno essere ridotte a zero se si vorrà salvare il pianeta dal riscaldamento globale. I dati presentati durante la Cop25.

Se da una parte le emissioni di anidride carbonica, il gas serra responsabile del riscaldamento globale, continuano ad aumentare, dall’altro, magra consolazione, crescono a un ritmo più lento rispetto al passato. A raccontarlo, mentre è in corso la Cop25 (l’annuale conferenza internazionale delle Nazioni Unite sul clima) a Madrid, sono stati i ricercatori dell’Università dell’East Anglia (Uea), in collaborazione con l’Università di Exeter, secondo cui quest’anno le emissioni derivanti dalla combustione di combustibili fossili sono cresciute dello 0,6%, raggiungendo quasi 37 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (CO2). Vale a dire una riduzione significativa rispetto all’1,5% nel 2017 e il 2,1% nel 2018. Lo studio Global Carbon Project 2019 è stato appena pubblicato su Nature Climate ChangeEarth System Science Data ed Environmental Research Letters.

Il tasso di crescita più lento delle emissioni di anidride carbonica nel 2019, spiegano i ricercatori, è dovuto principalmente a drastiche riduzioni dell’utilizzo del carbone da parte degli Stati Uniti e dell’Unione europea (-10%), e, in aggiunta, a una crescita più lenta dell’uso di carbone da parte di Paesi come la Cina e l’India. Inoltre, quest’anno, secondo le stime dello studio, le emissioni di CO2 dovute al consumo di petrolio, dovrebbero crescere dello 0,9%, mentre per quelle dovute all’uso di gas naturale, che rappresenta la fonte di emissioni in più rapida crescita, l’aumento previsto è del 2,6%. Mentre si prevede che le emissioni derivanti dalla combustione del carbone diminuiranno dello 0,9%.

Sebbene le strategie climatiche ed energetiche stiano emergendo, sottolineano i ricercatori, non sono ancora sufficienti per invertire la tendenza delle emissioni globali. “Un fallimento nell’affrontare prontamente i fattori trainanti alla base della continua crescita delle emissioni limiterà la capacità del mondo di spostarsi su un percorso coerente all’obiettivo dell’Accordo sul clima di Parigi”, spiega Pierre Friedlingstein, dell’università di Exeter. “La scienza è chiara: le emissioni di CO2 devono ridursi a zero a livello globale per fermare un ulteriore riscaldamento del pianeta”.

(infografica: University of East Anglia, University of Exeter e Global Carbon Project)

Le emissioni globali di CO2, ricordano i ricercatori, sono cresciute in media dello 0,9% all’anno dal 2010, più lentamente del 3% degli anni 2000. Mentre quest’anno le stime delle emissioni provocate dalla deforestazione, hanno raggiunto 6 miliardi di tonnellate di CO2, circa 0,8 miliardi di tonnellate in più rispetto ai livelli del 2018. Le emissioni totali di CO2 prodotte dalle attività umane – compresa la combustione di combustibili fossili e il consumo di suolo – dovrebbero raggiungere i 43,1 miliardi di tonnellate nel 2019. Mentre, la concentrazione di CO2 atmosferica nel 2019 dovrebbe essere del 47% al di sopra dei livelli preindustriali.

In Europa, sempre secondo le stime del nuovo studio, le emissioni sono diminuite dell’1,7% nel 2019, con una riduzione prevista del 10% delle emissioni a base di carbone. Mentre, il consumo petrolio continua ad aumentare, portando a un aumento delle emissioni dei prodotti petroliferi dello 0,5%. Anche il consumo di gas continua a crescere, di circa il 3% di media, sebbene a un tasso molto variabile tra gli stati membri dell’Ue. “Le attuali politiche climatiche ed energetiche sono troppo deboli per invertire le tendenze delle emissioni globali”, spiega Corinne Le Quéré, ricercatrice dell’Uea. “Le politiche hanno avuto successo a vari livelli nell’implementazione di tecnologie a basse emissioni di carbonio, come i veicoli solari, eolici ed elettrici. Ma queste spesso si aggiungono alla domanda esistente di energia anziché sostituire le tecnologie che emettono CO2, in particolare nei paesi in cui la domanda di energia è in crescita. Abbiamo bisogno di politiche più forti volte a eliminare gradualmente l’uso di combustibili fossili”.

Fonte: Wired

Inquinamento domestico, quanto sono affidabili i purificatori d’aria?

L’inquinamento atmosferico è il principale fattore di rischio ambientale per la salute della popolazione mondiale. E l’aria che respiriamo in casa, spesso, è anche peggio di quella esterna. Vediamo come è possibile difendersi

Quando parliamo di inquinamento, è l’aria a nascondere i pericoli maggiori per la nostra salute. Secondo gli ultimi dati dall’Oms circa una morte ogni nove, in tutto il mondo, può essere attribuita all’esposizione a particolato, ozono, biossido d’azoto, e altri principali inquinanti prodotti dall’attività umana. Lo smog che riempie le vie trafficate delle aree urbane è la spia più evidente dei rischi, ma a guardar bene, non siamo al sicuro neanche rifugiandoci tra le mura di casa.

Tutt’altro: i pericoli potrebbero essere persino peggiori al coperto, dove le sostanze inquinanti provenienti dall’esterno tendono a concentrarsi, e si vanno a sommare a quelli prodotte dalle nostre attività domestiche. Come difendersi? Esistono semplici pratiche quotidiane che aiutano a rendere sensibilmente più salubre l’aria che respiriamo al chiuso. E anche apparecchi per il monitoraggio e la purificazione dell’aria, sempre più diffusi sul mercato, ma ancora non sempre affidabili. Complice un totale vuoto normativo e la scarsa percezione del problema, però, gli esperti avvertono: si fa ancora troppo poco per difendersi dai rischi dell’inquinamento che affrontiamo tra le pareti di casa.

I pericoli dell’inquinamento

Tra le ore che passiamo in casa, quelle trascorse in ufficio, a scuola, in palestra o al centro commerciale, si stima che il 90% della nostra vita in città avvenga al coperto. È per questo che la qualità dell’aria indoor assume un importanza fondamentale per la nostra salute. “Gli studi disponibili dimostrano che in molte zone d’Europa l’attesa di vita è ridotta di un anno a causa dell’inquinamento atmosferico e che il 90% della popolazione che vive in aree urbane è esposta a livelli non sicuri di inquinanti”, spiega Alessandro Miani, esperto di prevenzione ambientale della Statale di Milano e presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima). “Non vedere la cappa di smog, non vuol dire essere al sicuro purtroppo: se non si prendono adeguate contromisure, l’aria negli ambienti confinati in media è perfino più inquinata: da 5 a 10 volte più di quella esterna”. Il fatto – continua Miani – è che al chiuso gli inquinanti tendono ad accumularsi, e a quelli prodotti da auto e altri fattori esterni si aggiungono anche quelli che produciamo direttamente in casa, con le pulizie, o quando cuciniamo.

Tanti nemici invisibili

Le sostanze di cui parliamo possono essere divisi in due macro gruppi. Da un lato, gli inquinanti chimico-fisici: gas di combustione (come ossidi d’azoto (Nox), biossido di zolfo (So2), monossido di carbonio), particolato atmosferico, polvere, composti organici volatili (i Cov), idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), radon, e anche fumo passivo di sigaretta. Dall’altro, invece, quelli di origine più prettamente biologica: batteri, virus, pollini, acari, residui biologici e composti allergenici di altro tipo.

Si tratta di sostanze che hanno effetti sul sistema respiratorio, provocando asma e allergie, disturbi a livello del sistema immunitario, danni per il sistema cardiovascolare e quello nervoso, oltre che su cute e mucose esposte”, sottolinea Miani. “Ancor più drammatici, forse, sono gli effetti del radon: un gas radioattivo incolore e inodore, che in alcune zone d’Italia emerge spontaneamente dal terreno e si accumula negli ambienti chiusi, legandosi alle polveri sottili che si trovano in caso, e raggiungendo così i bronchi. Qui il suo decadimento radioattivo irradia le cellule dei polmoni, provocando danni al dna che nel nostro paese sono responsabili di 3.200 decessi ogni anno per tumore al polmone, quasi il 10% del totale”.

Discorso a parte, infine, meritano gli ftalati: composti chimici utilizzati nell’industria della plastica per migliorarne flessibilità e modellabilità, che fanno parte del particolato atmosferico. Nelle case si possono trovare un po’ ovunque, e con il deterioramento degli oggetti legato al tempo e alle pulizie, si liberano nell’aria e tendono ad accumularsi al chiuso. Gli studi in questo campo sono ancora agli inizi, ma gli esperti ritengono che possano rappresentare un rischio molto serio per la salute dei più piccoli, perché si tratta di noti interferenti endocrini, sostanze in grado di alterare l’equilibrio ormonale, fondamentale per lo sviluppo fetale, per la corretta crescita dei bambini, per lo sviluppo sessuale e per le attività riproduttive.

 

inquinamento indoor
Dati del rapporto ISTISAT (Istituto superiore di sanità)

Le normative

Nonostante il pericolo sia noto, sull’inquinamento dell’aria indoor in Europa al momento ogni paese fa ancora storia a sé. “Diversi Paesi europei, in questi anni, hanno infatti attivato gruppi di lavoro con lo specifico mandato di elaborare valori guida per la qualità dell’aria negli ambienti confinati”, spiega Gianluigi de Gennaro, professore di chimica dell’ambiente dell’università degli studi di Bari Aldo Moro e responsabile Sima per la qualità dell’aria indoor. “Ad esempio la Germania, la Francia, la Gran Bretagna, l’Olanda, la Finlandia”. Per paesi come Finlandia, Belgio e Francia (ma solo parzialmente in quest’ultimo caso), le conclusioni hanno acquisito valore legale, mentre per gli altri sono state utilizzate per stilare delle raccomandazioni con cui valutare la qualità dell’aria al coperto.

In Italia ad oggi non esiste attualmente una normativa di riferimento che riporti valori guida per inquinanti di interesse ed approcci da adottare ai fini della valutazione della qualità dell’aria – aggiunge De Gennaro – le uniche esposizioni indoor normate si riferiscono agli ambienti di lavoro con limiti di concentrazione molto alti associati principalmente a tossicità acuta”.

Di recente la Sima ha elaborato una proposta in questo senso, che punta a individuare anche in Italia dei valori per valutare la qualità dell’aria indoor, e fissare dei limiti di esposizione cautelativi ai diversi inquinanti atmosferici. “Ci siamo basati sugli studi tossicologici riportati in letteratura e sui risultati prodotti dai gruppi di lavoro europei”, spiega Miani. “A titolo di esempio, sono stati previsti per gli inquinanti organici ad accertata cancerogenicità quali benzene, formaldeide e benzo(a)pirene valori limite pari a, rispettivamente, 5 µg/m3, 50 µg/m3 e 1 ng/m3 in linea con (ed in alcuni casi più stringenti di) quelli riportati dalle linee guida e/o normative esistenti nel panorama europeo”.

La prevenzione dell’inquinamento indoor

In attesa di norme e linee guida specifiche, gli esperti consigliano alcune semplici regole per migliorare la qualità dell’aria nelle nostre abitazioni. Il suggerimento per tutti è quello di areare gli ambienti domestici, almeno 2-3 volte al giorno per periodi di cinque minuti; utilizzare l’aspiratore a ventola e aprire le finestre quando si cucina; areare sempre quando si pulisce la casa e preferire prodotti come candeggina, ammoniaca, aceto e bicarbonato (molti prodotti commerciali contengono alte percentuali di solventi organici volatili), e infine di utilizzare aspirapolvere di buona qualità, preferibilmente ad acqua e non con sacchetto.

Particolare attenzione va prestata inoltre per i soggetti più a rischio: bambini, anziani e soggetti allettati. “Per i genitori è consigliabile prestare particolare attenzione alle camere dove trascorrono più tempo i figli: areare i locali per ottenere il completo ricambio dell’aria ogni 4 – 6 ore indipendentemente dal volume dei locali, mantenere la temperatura compresa tra i 18° e i 20° e il tasso di umidità dovrebbe aggirarsi tra il 45% e il 55%”, sottolinea Miani. “Dalle analisi climatiche eseguite nelle camere da letto dove riposano i bambini è stato notato che vi sia la tendenza ad usare l’umidificatore anche quando vi sia già un tasso di umidità sufficiente per la salute del bimbo. Si consiglia a tutte le mamme prima di accendere l’umidificatore di verificare con l’uso di un economico igrometro quale sia il tasso di umidità in casa. Anziani e allettati, essendo più fragili e spesso soggetti a malattie croniche, necessitano di altrettanta attenzione e di frequenti ricambi d’aria ed adeguata ventilazione nelle stanze in cui soggiornano più spesso e più a lungo”. 

La tecnologia

Buone pratiche di prevenzione a parte, oggi la tecnologia può aiutare a garantirci un’aria di qualità all’interno delle nostre case. Anche se in Italia si tratta di un’opportunità ancora poco sfruttata. “Siamo alla preistoria del controllo della qualità dell’aria negli ambienti indoor: i device sono poco diffusi, perché non c’è una cultura diffusa del problema”, spiega De Gennaro. “In assenza di un’indicazione normativa più o meno stringente, le azioni che si stanno conducendo hanno carattere dimostrativo e sono legate alla sensibilità personale. La mancanza di norme tecniche che regolamentino le metodologie di controllo ha generato un mercato-giungla dei device che confonde e disorienta il cittadino e l’amministrazione sensibile”.

Anche se ancora poco diffusi, sul mercato esistono moltissimi dispositivi riconducibili fondamentalmente a due obbiettivi: monitoraggio e purificazione dell’aria. E in entrambi i casi, non sempre i device sono all’altezza delle promesse. Ma anche in questo caso è possibile dare un paio di consigli: per prima cosa, non fermatevi all’aspetto esteriore, perché l’importante non è il design del prodotto, ma la qualità dei sensori e delle tecnologie presenti all’interno. Nel caso dei sistemi di purificazione la Simaconsiglia di scegliere prodotti che montano filtri Hepa in uscita, che garantiscono la maggiore efficacia di filtraggio dell’aria (a patto di eseguire regolarmente la sostituzione dei filtri come da indicazione del produttore). Discorso a parte, infine, per gli aspirapolvere: meglio quelli senza sacchettoe che dispongono di filtri ad acqua e di filtri Hepa in uscita, a meno che non ricorrano invece a un sistema L-Lamella che permette di evitare il filtro Hepa in uscita. “Noi consigliamo sempre l’acquisto di dispositivi che sono stati validati scientificamente da un ente pubblico italiano o Ue – conclude Miani – in questo modo si ha la certezza che quanto promesso in pubblicità o sul packaging abbia una reale corrispondenza con l’efficacia del prodotto nel monitorare e abbattere gli inquinanti causa di malattie e morti premature in ambienti indoor”.

Fonte: Wired.it

Arpa ha presentato i dati della qualità dell’aria 2018 in Lombardia

Dopo la prima validazione dei dati, Arpa Lombardia ha pubblicato un primo bilancio sull’andamento della qualità dell’aria durante l’anno 2018. Le misure effettuate dalla rete di rilevamento della qualità dell’aria lombarda hanno confermato un trend in significativo miglioramento per PM10, PM2.5 e NO2stabile l’ozono e ben sotto i limiti monossido di carbonio, benzene e biossido di zolfo.

In particolare, per il PM10, in tutte le stazioni del territorio regionale è stato rispettato il valore limite sulla media annua di 40 µg/m3. è questo quindi il terzo anno, dopo il 2014 ed il 2016, che fa registrare un rispetto generalizzato di tale parametro. Anche il numero di giorni di superamento del valore limite giornaliero (50 µg/m3), benché ancora in buona parte della regione sopra al limite che la normativa fissa in 35 giorni, ha confermato un trend complessivamente in diminuzione. Nei capoluoghi provinciali, nel 2018 si sono verificati 79 giorni di superamento a Milano, 78 a Lodi, 56 a Cremona, 53 a Pavia, 51 a Monza, 47 a Brescia, 43 a Como, 42 a Bergamo, 34 a Mantova, 25 a Lecco, 21 a Varese e 14 a Sondrio. Complessivamente, le stazioni che hanno rispettato il limite nel 2018 sono il 40% di quelle installate, nel 2005 rispettava unicamente la stazione di Bormio. In Lombardia il numero di superamenti è stato ridotto mediamente del 59% nel periodo dal 2005 al 2018.

Il trend in progressiva diminuzione ha interessato anche il PM2.5. Nel 2018 nei capoluoghi il valore limite annuale pari a 25 µg/m3 è stato superato solo a Cremona (26 µg/m3), mentre è stato rispettato a Brescia, 25 µg/m3, a Lodi e Monza, 24 µg/m3, a Como, Pavia e Milano, 23 µg/m3, a Mantova, 22 µg/m3, Bergamo, 21 µg/m3, Varese 19 µg/m3, Sondrio, 18 µg/m3 e Lecco 15 µg/m3.

Per l’NO2, il limite sul numero di ore di superamento è stato rispettato per il terzo anno consecutivo su tutto il territorio regionale mentre il limite sulla media annuale è stato rispettato nell’80% delle stazioni (nel 2005 aveva rispettato circa la metà delle stazioni, nel 1993 nessuna. Con riferimento alle stazioni peggiori dei capoluoghi di provincia la media annua dell’NO2 registrata nel 2018 è la seguente: Milano 59 µg/m3, Brescia 57 µg/m3, Monza 45 µg/m3, Como 44 µg/m3, Bergamo 41 µg/m3, Lecco 37 µg/m3, Varese 36 µg/m3, Pavia 35 µg/m3, Lodi 34 µg/m3, Cremona 33 µg/m3, Mantova 26 µg/m3, Sondrio 24 µg/m3.

L’ozono è invece più stabile, con diffusi superamenti dei valori obiettivo per la protezione della salute e della vegetazione. Come ormai da anni, non sono invece stati registrati superamenti degli standard di legge per monossido di carbonio, benzene e biossido di zolfo, che mantengono valori ben al di sotto dei limiti.

I dati sono stati presentati il 23 gennaio a Milano, nel corso della conferenza stampa che si è svolta a Palazzo Lombardia. Erano presenti, tra gli altri, il presidente di Arpa Lombardia, Stefano Cecchin, il direttore generale di Arpa Lombardia, Fabio Carella, il responsabile della qualità dell’aria di Arpa Lombardia, Guido Lanzani e l’assessore regionale all’Ambiente e Clima, Raffaele Cattaneo.

Fonte Confartigianato Bergamo

«Sono giorni caldi, no riscaldamento» L’appello del Comune: riduciamo lo smog

Appello dal Comune: «Non accendete il riscaldamento, se non è strettamente necessario».

Dopo il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, alla luce delle temperature ancora miti di questo ottobre, anche l’assessore all’Ambiente di Bergamo, Leyla Ciagà, manda un richiamo alla sensibilità ambientale dei cittadini: «Evitate sprechi e difendete la qualità dell’aria, non usate o usate con moderazione gli impianti termici in questi giorni quasi estivi». Il sollecito arriva a poche ore dalla possibilità di far partire il riscaldamento centralizzato e gli impianti negli edifici pubblici: dal 15 ottobre di ogni anno al nord, infatti, scatta la «stagione termica» che si conclude il 15 aprile. Il primo cittadino di Milano nel corso del fine settimana aveva annunciato che, nonostante ciò, avrebbe tenuto spenti i caloriferi nei luoghi pubblici visto il caldo persistente.

Lunedì a Bergamo, come spiega Ciagà, sono stati accesi solo nei luoghi sensibili: «A prescindere che siano gestiti tramite teleriscaldamento o caldaie tradizionali – evidenzia l’assessore – gli impianti di riscaldamento degli edifici pubblici sono dotati di un sistema elettronico in grado di verificare le temperatura esterne». Secondo la norma, continua Ciagà, «dal 15 ottobre dalle 8 alle 23 è possibile tenere accesi gli impianti 14 ore, ma viste le alte temperature, questi sistemi intelligenti funzionano al massimo tre ore la mattina e solo in alcuni edifici in cui deve essere mantenuto un livello di comfort termico più alto», come asili nido, materne e centri anziani. «Nel 70% di questi edifici ieri hanno funzionato al massimo tre ore, nei restanti o non hanno funzionato e lo hanno fatto molto meno delle tre ore». Il Comunque cerca di dare il buon esempio: «L’appello è ai cittadini: prima di accendere in via automatica i caloriferi, chiedo loro di tenere conto che delle temperature ancora quasi estive, accendete solo in caso di reale necessità». Oltre a evitare sprechi si difende la qualità dell’aria: in questi giorni il Pm10 è in salita, negli ultimi 10 giorni per cinque volte ha sfiorato i 50 microgrammi per metro cubo.

Fonte L’Eco di Bergamo

Bergamo – Lotta alle polveri sottili, per le caldaie arrivano gli incentivi per la rottamazione

Incentivi per la rottamazione delle caldaie a gasolio: Bergamo investe 170 mila euro.

Una città libera dal gasolio come forma di riscaldamento domestico. È questo uno degli obiettivi dell’amministrazione comunale, illustrato lunedì nella seduta di Consiglio dall’assessore all’Ambiente, Leyla Ciagà. Tra i temi discussi, l’integrazione del regolamento comunale sui criteri e sulle modalità di concessione di sovvenzioni e contributi nonché di vantaggi economici a enti pubblici e privati riguardanti in particolare l’ambito energetico: «Questo adeguamento non è solo un atto formale – spiega l’assessore Leyla Ciagà – ma è il prologo di una delibera di Giunta che entro fine mese consentirà di concedere contributi a enti e cittadini che decideranno di rottamare le caldaie a gasolio. Un provvedimento che ci permetterà, in prospettiva, di diventare una città libera dal gasolio e quindi di migliorare la qualità dell’aria».Attualmente, in città sono 170 gli impianti e rappresentano lo 0,5% del totale, pari a 34 mila: «La sostituzione della caldaia a gasolio, con sistema a metano o allacciamento al teleriscaldamento – continua Ciagà – permetterà una riduzione del 50% delle emissioni di Pm10». Per sostenere la rottamazione, Palazzo Frizzoni metterà in campo contributi per 170 mila euro.

Segnaliamo inoltre che gli incentivi fiscali per la sostituzione di un vecchio impianto sono in vigore fino al 31 dicembre e riguardano la detrazione sulle ristrutturazioni edilizie e la detrazione sul risparmio energetico.

In caso di interventi su caldaie esistenti, la detrazione sulle ristrutturazioni è pari al 50% ed è ammessa sia per la sostituzione dell’elemento caldaia, sia per la sua riparazione con innovazioni. Non sono specificate particolari caratteristiche tecniche per la nuova caldaia. Di conseguenza sono detraibili caldaie a condensazione, caldaie a camera stagna non a condensazione, caldaie a biomassa. Ovviamente si deve trattare di lavori dichiarati a norma dal tecnico installatore, che deve rilasciare dichiarazione di conformità dell’impianto timbrata e firmata. La detrazione sulle ristrutturazioni viene calcolata su una spesa massima di 96.000 euro ed è ripartita in 10 rate annuali.

La detrazione sale al 65% quando riguarda la sostituzione di una caldaia tradizionale con una caldaia a condensazione con contestuale installazione di sistemi di termoregolazione evoluti appartenenti alle classi V, VI oppure VII della comunicazione della Commissione 2014/C 207/02, per apparecchi ibridi, generatori di aria calda a condensazione, pompe di calore, impianti geotermici e micro-cogeneratori. Il limite di detrazione (non di spesa in questo caso) per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale è pari a 30.000 euro.

Fonte L’Eco di Bergamo